Proprio ieri, durante una telefonata, ho avuto l'occasione di mettermi dall'altra parte della barricata.
Al filo, un neo-papà, che, a pensarci bene, tanto 'neo' non è.
Sua figlia non è più un tenero neonatino... forse un bebé.
Sei/sette mesi più o meno.
La fase più delicata, quella in cui speri fortemente di avere un libretto d'istruzioni, un bugiardino, una mappa, dovrebbe essersi smorzata.
Era stanco, un po' stressato. Si sentiva incompreso. Inadeguato.
E non tanto perché nutrisse dubbi sulle proprie capacità di accudimento, quanto per
le difficoltà comunicative, che stava incontrando con la propria compagna.
Non ne hanno mai avute, mi racconta.
Sono sempre stati una coppia unita. Un unico e saldo fronte.
Ultimamente, stanno emergendo delle criticità... legate alla gestione del bambino.
Semplificando, la questione è più o meno questa:
La mamma sa come si fa.
Gli altri non sono nella testa della mamma.
Gli altri sbagliano ogni cosa che fanno per il piccolo.
La verità è spesso in mezzo. La relazione è, per sua natura, reciprocità.
Tuttavia, è stato uno spunto di riflessione da cui partire.
Forse, o forse no, le coppie sottovalutano quanto la nascita di un neonato sia dirompente, devastante, e dia vita a dinamiche imprevedibili.
La coppia diventa un triangolo.
L'uomo e la donna (non sarò politically correct, ma al momento non vorrei introdurre ulteriore complessità... non me ne vogliate!) iniziano a fare i conti con un terzo. Sarà un frutto d'amore, sarà il proseguimento della coppia, la sua rappresentazione più feconda e generativa, ma sempre un terzo rimane.
Anche piuttosto ingombrante, lagnoso, e incomprensibile.
Nei primissimi giorni, in cui le abitudini saranno rivoluzionate, la casa diventerà un porto di mare (attento papà, uno dei tuoi compiti è limitare le visite, ricordatelo!), la notte diventerà giorno (ma non sempre! Alcuni bimbi dormono!), solo per citare alcune delle cose che accadranno, la coppia sarà messa a durissima prova.
A ragione, la mamma sarà tutta presa dall'esserino. Quello che si dice, forse un po' è vero. La donna è avvantaggiata nella formazione di quel meraviglioso e indissolubile legame. Per tanti motivi.
L'uomo, per quanto sia stato attento e partecipe durante la gravidanza, rimane più indietro. Sente solo il bambino compiuto. Inutile discutere, ci sono evidenti questioni biologiche di mezzo.
Forse, inizialmente, nessuno se ne accorge. L'entusiasmo del primo periodo annebbia, com'è ovvio che sia. La mamma allatta il piccolo. Magari il papà è sollevato di poter dormire la notte. Ed è pure giustificato, non può mica sostituirsi a Lei! Se è un papà 2.0 si occupa del pannolino, del bagnetto, o della pulizia del cordone, ma poi torna a lavoro. Perché è la legge che dice questo. Retaggi evolutivi. E' il maschio che procaccia le risorse, direbbe Darwin.
Anche non volendosi addentrare in analisi bio-psico-culturali, è innegabile che il bambino, nei primi mesi di vita, abbia maggiore bisogno della mamma, che diventa il Punto di Riferimento. Non solo del piccolo, ma anche del papà, che gliene riconosce il titolo con oneri e qualche onore (pur sempre di parte, resto!).
Da questo, a diventare una figura di secondo piano, il passo è breve.
La mamma è diventata (perché si sia auto nominata o perché le sia stato riconosciuto, è indifferente) colei che dà il latte al piccolo e poi pure le pappe (perché chi, se non lei, inizia lo svezzamento?!), che cambia il pannolino, e decide quale delle migliaia di cremine si debba utilizzare (proprio in quel momento a seconda di quale gradazione di rosso compare sul culetto), che sa come farlo addormentare (con quale canzone e in quale posizione), e che riconosce se l'esserino piange per fame, sonno o dolore...
E il papà? Chi ci pensa al papà?
Non è nella mente della sua donna come amante, compagno, marito.
Spesso lei è nervosa e poco conciliante. Si addormenta sfinita.
Se va bene, non cova rancore, ma sicuramente si sente "più capace".
Ma questo non è frutto di doti sovrannaturali! E' il risultato di pratica. Di maneggevolezza acquisita per prove ed errori.
Ed è giusto che anche il papà si cimenti. Commettendo i suoi, di errori.
Perché ha iniziato dopo, e con meno frequenza.
Papà, ricordati, sbagliare è un tuo diritto. E' un modo per arrivare allo stesso traguardo. Non devi percorrere la stessa strada. Puoi anche replicare gli errori, non accade nulla. E se anche la tua compagna ti ripeterà che te l'aveva detto, che si faceva nell'altro modo, tu chiuditi le orecchie, sorridi e non ascoltare. Parlano gli ormoni, la stanchezza, la difficoltà, la solitudine.
Non scoraggiarti, e non arrabbiarti. Non ce l'ha con te. Non è una cosa personale.
Piano piano abbasserà la guardia.
Imparerà ad avere meno paura che tu possa danneggiare quella cosina così minuscola e preziosa.
Da due fessure diffidenti, i suoi occhi si allargheranno in uno sguardo di fiducia, e di riconoscenza.
E al contempo, prenditi cura di lei.
Che non sarà più quella di prima.
Ma sarà bellissima lo stesso.
Ma sarà diversa.